I GIORNI PERDUTI il nazismo come non l’avete mai visto. Ed è tutto vero.

I GIORNI PERDUTI

the rune trilogy. i giorni perduti«Allora, Richard, cosa hai trovato?», chiese. Non stava più nella
pelle.
Byrd non aspettava altro e, dopo aver digitato una password, premette
una serie di tasti su un minuscolo telecomando che aveva tratto
da una tasca: con uno scatto e un ronzio, da sotto al tavolo, a fianco di
William, si aprì un grande cassetto segreto. L’interno era rivestito di
raso rosso e conteneva una serie di oggetti e di lettere ingiallite dentro
una busta di plastica trasparente. Vi era anche un anello. Byrd si
infilò dei guanti bianchi di cotone presenti nel cassetto in due paia e
aprì la busta. Tirò fuori uno a uno gli oggetti e li posizionò sul tavolo
di fronte ai due ospiti.
«Ecco qua: l’anello totenkopfring, o testa di morto, di Wilhelm
Meister.»
Alicia lo osservò con attenzione: era un anello d’argento le cui incisioni
rappresentavano un teschio e quelli che parevano simboli runici.
All’interno vi era incisa una data: 12 giugno 1936 e il nome del
Reichsführer delle SS: heinrich himmler.
«È un riconoscimento da parte di Himmler?», chiese incuriosita.
William aveva appena indossato l’altro paio di guanti e prese tra le
dita l’anello, scrutandolo attentamente: «Sì, era il simbolo di appartenenza
all’Ordine delle SS, che Himmler aveva organizzato come se
fosse un ordine religioso, prendendo come modello i gesuiti. Questi
anelli venivano donati personalmente da Himmler agli ufficiali delle
SS che avessero raggiunto una certa anzianità di carriera. Alla morte
del proprietario gli anelli dovevano essere restituiti e tornare nel
castello di Wewelsburg, nello Schrein des Inhabers des totenkopfringes,
lo scrigno dei possessori dell’anello d’onore. Non ce ne sono
molti in circolazione… è un pezzo raro.»
Byrd, pieno di soddisfazione lo interruppe: «In realtà ce ne sono
tremila e cinquecento in giro per il mondo, il che farebbe pensare che
non siano così rari. Un “pezzo” è raro quando al massimo ne trovi
due o tre copie… ma l’anello diventa oggetto ambitissimo perché i
possessori non li vendono facilmente. Anche se c’è da aggiungere che
il mercato pullula di falsi e solo un esperto riesce a distinguerli dagli
originali.»
«Quei simboli… sembrano rune», Alicia esaminava con attenzione
le incisioni sull’argento consumato.
«Sono rune, ma leggermente differenti rispetto a quelle convenzionali
», rispose William. «Le rune tradizionali non erano altro che
un alfabeto divinatorio utilizzato dai druidi in tutta l’Europa del Nord
per i loro vaticini. Himmler scelse specifiche rune da far incidere,
seguendo il parere del suo consigliere spirituale, Karl Maria Wiligut.
È lo stesso personaggio che suggerì a Himmler i disegni costruttivi
della sede delle SS a Wewelsburg e i rituali da eseguire all’interno
della cripta.»
«Rituali, rune, druidi, sembra una setta esoterica, non un partito
politico», commentò Alicia.
«Già, il nazionalsocialismo è intriso fin dalla sua nascita di rituali
neopagani. Anzi, nasce proprio da una società, la Thule Gesellschaft,
che praticava la meditazione basandosi sulla visualizzazione delle
rune, posizioni particolari del corpo e controllo del respiro. Ma qui,
in questi anelli, hanno un significato preciso. Il teschio significa che
chi lo indossa è preparato a morire per i suoi ideali nazionalsocialisti.
La runa Sieg, o Sig, che vedi come una N rovesciata dentro un triangolo,
significa “vittoria” e rappresenta il potere energetico del sole. La
runa Hagal, presente qui a forma di asterisco inscritto in un esagono,
simboleggia la forza mistica dell’ariano: Guido von List, il principale
teorizzatore e studioso austriaco delle rune, ne riassumeva l’essenza
con queste parole: “racchiudi l’universo dentro di te e lo controllerai”.
La Swastika, racchiusa nel quadrato, riassume l’uomo ariano in
marcia per trovare il suo sé. Invece la doppia runa Sieg, insieme a
questa specie di freccia inscritte in un cerchio, sono una creazione di
Wiligut e significano salvezza da Dio.»
Alicia rimase piuttosto perplessa. «Davvero interessante… degli
ufficiali, dei militari che portano un anello con simboli religiosi. È
straordinario vedere di persona quello che hai scritto nei tuoi libri.»

rune

 

 

 

William aveva alle sue spalle diverse pubblicazioni a riguardo. Saggi
che Alicia aveva letto e riletto più volte. Ma una cosa era leggere,
un’altra toccare con mano.
«Già», convenne. «In effetti il nazismo è solo l’aspetto politico di
un movimento spirituale ben più importante. È una religione occulta,
mascherata da partito politico. Hitler e il suo staff volevano diffondere
sulla Terra un Nuovo Ordine Globale, imperniato sulla razza
ariana e governato da una élite, in pratica una casta di sacerdoti della
nuova religione, che avrebbero mosso le fila dal quartier generale
delle SS di Wewelsburg.»
A quelle parole Alicia alzò gli occhi, raccogliendo un ricordo particolare.
Nuovo Ordine Globale o Nuovo Ordine Mondiale erano
parole che aveva sentito più volte, soprattutto negli ultimi tempi. Ci
rifletté sopra qualche secondo, ma le parole di William all’amico collezionista
la distolsero dai suoi pensieri.
«Richard, hai una fibbia delle unità combattenti?»
«Certo. Dammi un attimo che la prendo.»
Un minuto dopo Byrd tornò con una cintura dell’esercito tedesco
perfettamente conservata. La diede a William che indicò ad Alicia il
motto inciso sulla fibbia: «Ecco qua: Gott Mit Uns, “Dio è con noi”.
Era il motto dell’esercito prussiano ma riassume bene la “religione”
nazista. Hitler teneva particolarmente a questo aspetto, e sottolineò
più volte che il nazionalsocialista è per definizione “credente”. Ma
certo il suo Dio non è quello dei cristiani. A ogni modo, la fede in un
essere superiore è così forte nel nazismo da mandare i suoi soldati in
guerra con questa frase benedicente, come a dire: stiamo combattendo
per Dio.»
«In fondo, il fascino oscuro che sta dietro il Terzo Reich è dovuto
a questo.» Alicia era notevolmente interessata. E allo stesso tempo
provava una certa apprensione al pensiero che per un soffio Hitler
non avesse vinto la guerra.
Ci fu una pausa. Poi William prese in mano il totenkopfring e lo
rigirò tra le dita. Guardando l’amico disse sorridendo: «Dove l’hai
scovato? E da dove vengono le carte e tutto il resto?»
«Ehm… i miei contatti non hanno voluto illustrarmi la provenienza,
ansiosi com’erano di intascare la loro congrua commissione. Dicono
che si trattava di una persona che aveva urgente bisogno di

denaro e aveva messo all’asta tutto il contenuto di questa busta insieme
ad altro materiale. Chiaramente non si trattava di Sotheby’s…
Diciamo che, visto il mercato sotterraneo presso cui mi servo ogni
tanto, è bene non fare troppe domande.»
William e Alicia abbassarono lo sguardo con la stessa espressione
sul viso. La fonte era quantomeno dubbia, ma i pezzi erano
autentici. William rigirò l’anello tra le dita: «All’interno c’è scritto:
s.l. meister, ossia, seinem liebe Meister; che significa: “Al mio caro
Meister”. Ma come fai a essere sicuro che sia della persona che cerchiamo?»
Byrd digitò qualcosa sul computer portatile. Quindi si alzò e si diresse
verso un elegante schedario di legno massiccio e scartabellò alcuni
documenti in ordine alfabetico finché trovò ciò che cercava. Era
in una busta di poliestere trasparente, per evitare che si rovinasse.
Lo portò a William trionfante: «Ecco, questo è il Dienstalterslisten,
o Lista degli Ufficiali Anziani, con la data e il nome. È il documento
ufficiale delle SS che nella versione in mio possesso porta allegato un
foglio che conferma che il 12 giugno 1936 venne conferito il dono
dell’anello soltanto a Wilhelm Meister. L’anello è autentico e si riferisce
al “nostro” uomo. Non è una replica ben fatta, perché queste
hanno alcuni punti riconoscibili, per esempio aree artificialmente
consumate che non corrispondono all’usura normale di un anello o
la saldatura evidente all’esterno, che nell’originale è solo all’interno
visto che questi anelli erano ricavati da una lamina continua di argento.
È originale al cento per cento.»
William lo guardò con soddisfazione: «Non che avessi dubbi…
Conosco bene l’accuratezza con cui scegli il materiale per la tua collezione.
Diamo un’occhiata ai documenti.»
William lesse, traducendo e riassumendo per sommi capi, le lettere
di Meister. Si trattava di scritti personali ad amici e anche lettere
formali ad alti ufficiali del Terzo Reich. Due di queste erano della fine
del 1944 e denotavano forte preoccupazione per la sorte della Germania.
Mentre scorreva con gli occhi, ebbe quasi un colpo. Smise di
parlare, leggendo silenziosamente tutto d’un fiato le parole sul foglio
ingiallito.
Alicia e Byrd lo osservavano con una certa apprensione e curiosità:
cosa c’era di così importante in quella lettera?
Poi William guardò Byrd pieno di soddisfazione e si trattenne a
stento dall’abbracciarlo: «Amico mio, sei un vero genio. Sia lode alla
tua mania di collezionista.»
Byrd era lietissimo di essergli stato utile: «Cosa hai trovato?»
William continuava a leggere incredulo, girando e rigirando il foglio
tra le dita. Poi si decise a parlare: «Questa lettera ci fornisce probabilmente
la pista giusta da seguire. Qui Meister scrive a un maggiore
della Ahnenerbe, probabilmente un collega e amico a Wewelsburg
visto lo stile molto più colloquiale: infatti usa il tu e riporta una notizia
relativa a una possibile soluzione al loro “problema”, così dice…
ed è tra virgolette. Stanno parlando di qualcosa che nessuno avrebbe
dovuto capire, utilizzando una sorta di codice criptato. Ma nel 1944
sia Meister che il suo amico sapevano benissimo che avrebbero perso
la guerra e tra gli ufficiali delle SS si era immediatamente diffusa la
voce di una Ratline, una via di fuga pianificata dai vertici militari, per
gli ufficiali del Terzo Reich e pochi altri, già dall’agosto di quell’anno.»
«Hotel Maison Rouge, a Strasburgo…» Alicia aveva immediatamente
richiamato alla mente il video realizzato alla Wyler Foundation.
«Esattamente. Ma in questa lettera c’è un indizio… qualcosa che
mancava nel filmato, ovviamente», osservò William raggiante. Lesse
quindi dalle righe in elegante tedesco: «Qui si parla del signor “Dodero
e dei suoi amici croati, che sarà sempre onorato di ospitare sulla
sua nave”. Meister dice di aver avuto rassicurazione di un possibile
viaggio offerto da questo misterioso “signor Dodero”, di una “crociera”.
Da come si esprime è chiaro che si riferisca a un momento futuro,
ossia quando la sconfitta li costringerà a fuggire. Parla poi della
Principessa Mafalda….»
«Mafalda di Savoia?», domandò Richard.
«Sì, ma non si riferisce alla figlia di Vittorio Emanuele III, morta in
un campo di prigionia. Principessa Mafalda era il precedente nome
della nave piroscafo San Giorgio che, guarda caso, so per certo appartenesse
all’armatore Dodero. Costui, nell’immediato dopoguerra,
faceva la spola tra Genova e Buenos Aires. Nella data in cui scrive
Meister era già evidente a tutti che la fine del conflitto, almeno in
Europa, era imminente. Per questo si stavano organizzando.»

«E tu come fai a saperlo?» Da buon studioso e ricercatore indipendente
Richard era interessato alle fonti delle informazioni storiche.
«Hai presente Erich Priebke?»
«Quel vecchietto che estradarono dall’Argentina in Italia per crimini
di guerra? Mi sembra sia morto di recente…»
«Proprio lui. In un’intervista di qualche anno fa racconta che
nell’ottobre del 1948 era fuggito in Argentina con un passaporto intestato
a un lettone, tale Otto Pape, a bordo della San Giorgio. La
figlia del proprietario della compagnia Dodero aveva sposato un croato.
L’attività dell’azienda era confluita nelle sue mani e da quel momento,
grazie ai suoi buoni uffici, qualsiasi nave diretta in Argentina,
che fosse o meno dei Dodero, riservava dei posti ai croati che volessero
emigrare. E guarda caso si trattava sempre di membri del governo
Ùstascia, criminali di guerra con falsi passaporti croati, SS… tutti
fuggiti grazie alla rete Odessa, gestita a Roma da padre Draganović.
Tre settimane dopo Priebke era a Buenos Aires e cominciò una nuova
vita, grazie alla benevolenza di Perón, il dittatore argentino simpatizzante
dei nazisti. Ho letto da poco il testo di un’intervista di Priebke
e ho preso appunti per un nuovo libro che sto scrivendo, ecco
perché ho collegato immediatamente il nome Principessa Mafalda a
Dodero. E poi la lettera menziona una “crociera”. È un indizio chiaro,
non vi pare? Meister progettava la sua fuga in Argentina, partendo da
Genova e proprio grazie a una delle nave dei Dodero. C’è anche un
nome che non sembra né tedesco né argentino, kommandant August
Reddings.»
Alicia osservava William impressionata. Davvero era l’uomo giusto
per quella missione, un semplice detective non avrebbe potuto
conoscere quelle informazioni o fare certi collegamenti.
«Beh», continuò la donna, «visto che a Roma non abbiamo trovato
nulla, proporrei di andare a Genova, ci dovrebbe essere un archivio o
qualcosa del genere. Se esiste una sede delle linee marittime Dodero
può darsi che si possa trovare qualcosa. Sempre che esista ancora,
ripeto… Richard, posso dare un’occhiata in rete?»
Byrd le allungò il notebook.
Da una veloce ricerca appresero che la Dodero Lines era stata rilevata
negli anni ’60 da un’altra società argentina, la elma, ossia la
Empresa Líneas Marítimas Argentinas. Quello che lesse poco dopo la
deluse un po’. «Mhm… non esiste più dagli anni ’90 del secolo scorso.
Quindi è davvero poco probabile che si conservi un archivio storico
con i nomi delle persone partite da Genova. Forse… William hai sulla
tua usb i files in pdf dei documenti di Meister?»
Si trattava degli incartamenti acquisiti dalla Wyler Foundation
presso la famiglia Hume (…)

 

 

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