I SEGRETI DEL VATICANO (2/3) – La Santa Sede e il coinvolgimento di preti e suore nell’olocausto di un milione di Serbi

Il secondo di una serie di tre articoli che fanno luce su crimini orrendi e impuniti che non devono essere dimenticati.

Continuiamo la nostra breve indagine relativa alle scelte politiche di Pio XII relativamente alla Croazia Ustasha. Nel primo articolo abbiamo visto come la dirigenza vaticana conoscesse molto bene le caratteristiche del dittatore croato: essa sapeva che era un assassino e un fantoccio di Hitler, e non aveva alcuno scrupolo nel suo piano di uccidere tutti i Serbi presenti in Croazia e i membri di altre religioni.

Hitler incontra Pavelic alla sua residenza a Berchtesgaden il 22 settembre 1942

Hitler incontra Pavelic alla sua residenza a Berchtesgaden il 22 settembre 1942

Ci si sarebbe aspettati dal Vaticano una decisa presa di posizione riguardo agli orrori perpetrati sia dagli uomini di Pavelić sia dalle centinaia di membri degli ordini religiosi come frati, preti e anche suore cattoliche che presero parte diretta alle razzie e al genocidio, supportando e intervenendo di persona nelle uccisioni che l’arcivescovo di Zagabria Alojzije Viktor Stepinac benediva, oltre a sostenere personalmente lo sterminio etnico ai danni dei Serbi.

I MOTIVI DELL’ATTEGGIAMENTO DIPLOMATICO DI PIO XII E DELLA MANCATA CONDANNA DELLE VIOLENZE DA PARTE DEL VATICANO

Pio XII, papa Pacelli

Pio XII, Papa Pacelli

Pio XII non si schierò mai apertamente contro il III Reich e allo stesso modo agì nei confronti di Ante Pavelić: Pacelli, dotato di una personalità molto più diplomatica e molto meno incisiva del suo predecessore Pio XI, si limitò a cercare di mantenere buoni rapporti con tutti. Una tecnica diplomatica che gli permise di non venire invaso dai tedeschi, cosa che temeva in assoluto di più: non sapeva, comunque, che Hitler aveva già pronto un piano per eliminare il Vaticano ma non venne mai attuato, nonostante Hitler avesse dato ordine di rapire Pio XII, per una curiosa e quantomai insolita presa di coscienza degli alti gradi militari che avrebbero dovuto compiere la missione. Nessuno si sentì in coscienza di compiere un tale atto, e, nella concitazione delle ultime fasi della guerra, il piano non venne portato a compimento.

Un'altra immagine di Eugenio Pacelli, papa Pio XII

Un’altra immagine di Eugenio Pacelli, papa Pio XII

Ma quali sono i motivi che causarono una così poco decisa azione da parte del Papa?

Il desiderio di costituire un grande schieramento pan-cattolico che fronteggiasse il pericolo dell’ateismo comunista della Russia è alla base delle scelte accomodanti del Vaticano sia nei confronti di Hitler, sia nei confronti del dittatore croato. Infatti la diplomazia della Santa Sede si adoperò moltissimo per mantenere eccellenti rapporti con tutti i regimi di destra  da Peròn in Argentina a Franco in Spagna, Salazar in Portogallo, e lo stesso Pavelić, incurante delle notizie che provenivano da questi paesi relative alle violenze contro le minoranze etniche e religiose.

In particolare in Croazia la Chiesa cattolica mise a disposizione le sue strutture per sostenere le attività degli Ustasha: parrocchie, monasteri, seminari, edifici di vario genere della Chiesa furono così utilizzati per pianificare operazioni di rastrellamento e di assassinio di serbi ortodossi. Inoltre venivano impiegati come deposito di armi, centri di reclutamento, e sedi organizzative; in particolare il monastero francescano di Chuntich fu utilizzato come base logistica.

Sacerdoti e frati furono utilizzati non solo per le necessarie attività conseguenti alle operazioni di conversioni forzate ma anche come soldati, e assistenti durante le deportazioni, le torture e gli assassini di civili inermi.

Vittime della crudeltà dei frati francescani che dirigevano il campo di concentramento di Jasenovac

Vittime della crudeltà dei frati francescani che dirigevano il campo di concentramento di Jasenovac

Secondo Falconi, Pio XII aveva offerto il suo aiuto e la sua benedizione agli Ustasha: mediante l’eccezionale qualità del suo studio e dei dati raccolti, lo studioso dimostra che non solo Pio XII conosceva perfettamente cosa stava accadendo in Croazia ma lasciò che la Chiesa sostenesse e collaborasse in ogni modo con Pavelić con lo scopo di creare una Croazia interamente cattolica.[1]

L’ANTISEMITISMO DELLA CHIESA NELLA RIVISTA “CIVILTA’ CATTOLICA” E NELLA STAMPA CATTOLICA CROATA

La stessa stampa cattolica in Croazia sosteneva il regime ancora di più di quanto aveva fatto in Germania: apparve nel 1940 un articolo sulla pubblicazione ufficiale cattolica croata che lodava il Mein Kampf e affermava che non vi era alcun contrasto tra l’essere un buon nazionalsocialista ed essere un buon cattolico.[2] Si forniva addirittura supporto dottrinale, adducendo insolite e bizzarre spiegazioni sulla necessità del cristiano di unirsi alla battaglia della fede cattolica contro i Serbi ortodossi. Cominciarono ad uscire su riviste cattoliche croate articoli molto duri contro gli ebrei, che suggerivano senza troppi giri di parole la segregazione e l’eliminazione delle minoranze; in questo la stampa croata filocattolica seguiva l’esempio della rivista gesuita Civiltà Cattolica, fondata per volontà di Pio IX nel 1850, che dalla fine del 1800 fino agli anni del secondo conflitto mondiale ebbe a più riprese parole aspre e di fortissima condanna contro gli Ebrei con articoli violentemente antisemiti.

In questi anni la Chiesa evidenziava un forte antisemitismo: nel 1871 il papa inveiva contro gli Ebrei affermando che: ”(…) E di questi cani ce n’ha pur troppi oggidì in Roma, e li sentiamo latrare per tutte le vie, e ci vanno molestando per tutti i luoghi»”[3]

Civiltà Cattolica seguiva il papa con durissimi attacchi contro gli Ebrei, sconfinando nell’antisemitismo più spinto grazie agli articoli dei Gesuiti Giuseppe Oreglia e Raffaele Ballerini: sembra veramente strano leggere in una rivista così famosa articoli del genere che non avrebbero destato alcun problema se fossero stati pubblicati nei giornali razzisti di Hitler o in quelli croati, certamente sono fuori posto nell’organo di stampa gesuita per eccellenza, che avrebbe dovuto sostenere l’amore cristiano e la misericordia verso tutti, in particolare le minoranze oppresse.

Oreglia al contrario pubblicò una serie di articoli in cui assimilava indirettamente gli Ebrei al Diavolo a causa dell’assassinio di Gesù e la presupposta maligna volontà di conquista,  la stessa contro cui si scagliava Hitler con i Protocolli dei Savi di Sion in mano, mentre Ballerini rincarava con una serie di suggerimenti per leggi eccezionali, e cioè la sottrazione di proprietà rurali agli Ebrei, il divieto di istruzione scolastica e di scrivere su quotidiani o libri. Inoltre si caldeggiava la privazione dei diritti civili.

In particolare verso la fine del XIX sec. Civiltà Cattolica tuonava di invettive antisemite che andavano ben oltre la semplice difesa teologica dell’ortodossia per entrare di forza nell’antico terreno della guerra di religione. I Gesuiti, raggiunti da critiche per questi comportamenti anticristiani, si difesero riaffermando il diritto di procedere in tale direzione. In quegli articoli si diceva che gli Ebrei solevano utilizzare sangue di cristiani uccisi ad hoc per i loro rituali in periodo pasquale molto simili a liturgie magiche o sataniche. Addirittura si riportava del sacrificio annuale di un bambino cristiano che veniva crocifisso e tormentato fino alla morte. Si continuava in una serie di pamphlet in cui si accusavano gli Ebrei di aver fomentato la Rivoluzione Francese per ottenere l’uguaglianza civica, descrivendoli come “razza nauseante”, o anche “popolo ozioso”, vere sanguisughe che vivono del lavoro di altri.[4]

Le cose non cambiarono molto durante il ventennio fascista e quindi non stupisce che la Croazia ustasha producesse riviste cattoliche antisemite. Ma, cosa assurdamente singolare, tra i soldati ustasha si trovarono numerosi preti che si unirono volontariamente alle fila del nuovo stato croato cattolico per combattere e furono coinvolti negli orrori della lotta etnica.

Sia A. Manhattan che C. Falconi (già citati nelle note, Manhattan è stato citato nel primo di questi tre articoli) riportano vari esempi, tra cui il francescano Radovan Glavas, il prete Ivan Miletić, ecc.

ECCLESIASTICI IN GUERRA – LO STERMINIO ETNICO 

Questa storia, assente dai libri di scuola perché scomoda, in particolare in Italia, è una pagina orribile che è stata volutamente accantonata e dimenticata: ma deve essere raccontata al pari di qualunque altra, poiché narra non solo di eventi realmente accaduti ma di un Olocausto che si è fatto di tutto per nascondere.

L'Arcivescovo Stepinac autore e organizzatore delle peggiori stragi di Serbi in territorio croato

L’Arcivescovo Stepinac autore e organizzatore delle peggiori stragi di Serbi in territorio croato

Questo perché tramite l’arcivescovo Stepinac e le altre gerarchie ecclesiastiche in Croazia, si crearono organizzazioni cattoliche formate da decine di migliaia di religiosi combattenti, come “La Fratellanza dei Crociati” e “Azione Cattolica” che venivano utilizzate anche come centri di reclutamento per l’esercito croato.[5] Questa commistione tra una visione razziale, di completa purezza ariana[6], e una identica purezza di tipo spirituale rientra in quello che Jung definì “Archetipo Woan/Odin” cioè le due facce della personalità germanica caratterizzate da tensione mistica e violenta insieme.

Tuttavia, nel caso di Hitler si trattava di abbeverarsi alla fonte pagana del Pantheon germanico, ben lontana dal Cristianesimo: era il Walhalla della saga dei Nibelunghi, e in qualche modo si trattava comunque di un recupero culturale. Ma nel caso della Croazia di Pavelić ciò che si osserva è un vortice di orrori senza fine in cui la violenza più efferata, senza altro scopo che il puro piacere sadico nell’infliggere sofferenze indicibili e massacrare persone inermi, si univa alla benedizione religiosa della Chiesa cattolica.

Inoltre, a differenza della Germania di Hitler dove la Chiesa, nella persona di pochi ma decisi vescovi, si rendeva conto dell’incongruenza delle ideologie razziali con il Cristianesimo e in vari modi si oppose, (zittita quasi subito da Pacelli e Pio XI che stavano per firmare il Concordato e non volevano problemi da Hitler), in Croazia furono i membri del clero i massimi sostenitori delle teorie razziali: il prete cattolico dr. Ivo Guberina, per esempio, diffondeva una visione di purezza razziale collegata direttamente a quella religiosa, in cui si riconciliavano biologia e religione secondo un teoria ben poco scientifica e completamente aliena da qualunque ragionamento logico.[7]

Si tratta in effetti di un vero laboratorio psichiatrico degli orrori, che mise in luce la parte più oscura dell’uomo, e dimostra come gli oscuri moti psichici alla base delle pulizie etniche siano solo latenti nella mente umana e sempre pronti a manifestarsi, come è accaduto nel genocidio del Ruanda e del Burundi, nella guerra della ex Jugoslavia, e in altre tristi occasioni.

Sembra tuttavia che nel caso della Croazia si sia creato un sistema generale psicotico di insolita potenza energetica in grado di allontanare persone normali dalla realtà di ciò che stava accadendo, come se una forza oscura avesse letteralmente invasato le loro menti; non si riesce a trovare altra spiegazione per un evento del genere né da un punto di vista psichiatrico, né umano.

La cosa forse più terribile era la conoscenza e l’approvazione silenziosa del Papa e del Vaticano della situazione croata, ma, come si è detto, vi era un piano preciso dietro tutto questo per ostacolare il comunismo, e in Jugoslavia la Chiesa gestiva il potere ai massimi livelli. Un’occasione ghiotta, in un momento in cui sembrava che la guerra stesse rafforzando la potenza della Russia, nemica giurata del Vaticano perché propugnatrice del comunismo ateo. La creazione di un’area cattolica in Croazia era l’obbiettivo predominante: tutto, perfino le più importanti questioni morali, dovevano soggiacere a questo scopo.

Inoltre si creò un programma di conversioni forzate gestito dalla Chiesa Cattolica, il cui scopo era eliminare qualunque ingerenza da parte di altre forze religiose nel controllo cattolico della Croazia.

Un'altra immagine di una conversione forzata di serbi al Cattolicesimo a Glina

Una conversione forzata di serbi al Cattolicesimo a Glina

Conversioni forzate di serbi al cattolicesimo da parte di frati cattolici. L'alternativa era tortura la morte

Frati cattolici impegnati nel programma di conversioni forzate. L’alternativa era la tortura la morte.

LA PRESENZA DI ALTI PRELATI CATTOLICI NEL GOVERNO USTASHA

Per fare questo era però necessario inserire nel governo croato elementi fedeli alla Chiesa di Roma: la Croazia si identificava ormai come stato vassallo del Vaticano e per questo non fu difficile inserire vescovi ed ecclesiastici alla dirigenza governativa.

Pavelić volle nel Parlamento vari consiglieri di alto livello tra cui l’arcivescovo Stepinac, Šarićh e altri religiosi; aveva anche un suo confessore personale come membro del gabinetto.

La conferma del potere assoluto che il Vaticano gestiva in Croazia, ci viene dall’organizzazione sociopolitica dei villaggi: in ogni centro abitato il clero fungeva da massima autorità statale locale e i cittadini vi dovevano obbedienza assoluta. Falconi riporta che nel suo discorso inaugurale Pavelić disse a tutti i cittadini che per ottenere ulteriori istruzioni riguardo alla nuova situazione politica e sociale, avrebbero dovuto rivolgersi al clero locale che avrebbe fornito ogni spiegazione; questo indica che la Chiesa agiva non solo da sostegno ma aveva parte attiva, caldeggiata dal Poglavnik, nella guida e organizzazione del paese, divenendo di conseguenza completamente compartecipe all’orrore ustasha.[8]

Le leggi razziali contro i Serbi, gli Ebrei e altri considerati indesiderabili furono promulgate in Croazia con una rapidità che sorprese perfino i fascisti italiani e i nazisti in Germania: già nel 1941 furono autorizzate le deportazioni e la sottrazione di beni ma ben presto il regime si rese conto che ciò non era sufficiente. Infatti i croati cattolici erano circa la metà della popolazione che ammontava a 6,7 milioni di persone: i serbi arrivavano a 2,2 milioni, gli Ebrei 60 mila, i musulmani 700 mila. Erano presenti inoltre circa 70 mila Protestanti e centinaia di migliaia di Zingari e altri appartenenti a minoranze. Nella follia omicida che caratterizzò il Governo Pavelić/Chiesa Cattolica, venne presa l’unica decisione che parve opportuna: uccidere tutti i non croati e non cattolici nel più breve tempo possibile. Nell’aprile del 1941 squadre di Ustasha percorsero così il territorio alla ricerca di Serbi e quando li trovavano li massacravano senza alcuna pietà o riguardo per donne e bambini. Nessuno doveva scampare; le loro proprietà, i beni, i conti bancari, i gioielli, venivano confiscati.

Oro e gioielli appartenenti a serbi morti nel campo di Jasenovac.

Oro e gioielli appartenenti a serbi morti nel campo di Jasenovac.

Le cifre sono impressionanti; secondo Falconi e altri rapporti da archivi tedeschi, entro luglio 1941 almeno 350 mila persone erano state uccise dagli Ustasha o erano morte nei campi di concentramento croati.[9] Tonnellate di oro, provenienti dalle protesi dentarie dei Serbi, strappate loro nei campi di sterminio, furono fuse in lingotti che alla fine della guerra presero strade molto ambigue: una parte in Svizzera, una parte nelle casse vaticane dello IOR e altre destinazioni anche più sinistre.

L’incomprensibile sadismo che dimostravano le bande di soldati, tra cui come si è detto vi erano molti frati e preti, portò all’esecuzione di interi villaggi con armi come scuri da taglialegna e seghe che venivano utilizzate per decapitare le vittime; altre volte si bruciavano vivi gli abitanti, le donne venivano violentate, e sadicamente torturate, per finire impiccate, addirittura crocifisse.

Soldati ustasha tagliano la testa di un prigioniero con una sega da falegname

Soldati ustasha tagliano la testa di un prigioniero con una sega da falegname

Soldato ustasha sorride mentre decapita un prigionero con un'ascia

Soldato ustasha sorride mentre decapita un prigionero con un’ascia

Ustasha mentre si preparano a dissanguare un prigioniero serbo

Ustasha mentre si preparano a dissanguare un prigioniero serbo

I bambini vennero mutilati, impalati, molte vittime furono uccise a martellate e spesso venivano strappati loro gli occhi oltre ad altre torture. Un orrore senza fine le cui proporzioni sono difficilmente immaginabili e che si ripropose nella guerra della ex Jugoslavia (1991-95), molto simile per molti aspetti.

Nessuna condanna a queste teorie o comportamenti venne dal Vaticano, tanto meno dalla comunità internazionale, né allora né oggi.

Questo fatto non si spiega se non con un vero e proprio cover-up mondiale. Ci sono processi negli USA in corso da decenni che non riescono ad ottenere giustizia, in cui i discendenti dei Serbi uccisi nei campi di sterminio chiedono la restituzione dei loro beni e  la condanna degli ordini cattolici che parteciparono o sostennero i massacri.

Ma di questi non si sente parlare mai, i media non riportano alcuna notizia, basta comunque una breve ricerca in rete per trovarne traccia e seguire questi processi.

Un cover-up che influenza persino i testi scolastici, dove non si trova traccia di questi eventi: eppure esistono molti documenti come quello sotto, proveniente da file segreti ormai declassificati, che dimostrano le responsabilità vaticane in queste vicende.

Documento declassificato che evidenzia il sostegno dato ai criminali Ustasha dal Vaticano tramite il frate Dominik Mandic

Documento declassificato che evidenzia il sostegno dato ai criminali Ustasha dal Vaticano tramite il frate Dominik Mandic

E’ tempo di correggere questa situazione e di far conoscere ciò che è veramente accaduto in Croazia: quando si celebra il Giorno della Memoria, questi eventi dovrebbero essere ricordati allo stesso modo dello sterminio degli Ebrei.

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[1]C. FALCONI, Il Silenzio di Pio XII, Milano, Sugar, 1965, p. 266

[2] Ibidem, p. 409

[3] A. DI FANT, “La polemica antiebraica nella stampa cattolica romana dopo Porta Pia”, in Mondo contemporaneo, 3, 2007, 1, p. 92.

[4] J. CORNWELL, Hitler’s Pope: The Secret History of Pius XII, NewYork, Penguin Books, 1999; tr. it., Il Papa di Hitler. La storia segreta di Pio XII, Garzanti, Milano, 2000, p.51

[5] Ibidem, p. 271. Anche in A. MANHATTAN, The Vatican Holocaust, Springfield, Missouri, Ozark Books, 1982 pp. 20-22. Il testo, molto interessante e storicamente eccezionalmente accurato, è disponibile, libero da diritti d’autore, all’indirizzo web: http://www.reformation.org/holocaus.html#Contentscit.

[6] Pavelić era ossessionato dalla purezza della razza allo stesso modo di Hitler; era solito asserire che i Croati non erano slavi ma ariani, discendenti dei Goti germani.

[7] V. DEDIJER, Jasenovac – The Yugoslav Auschwitz and the Vatican, New York, Prometheus, 1992, pp. 136-137

[8] C. FALCONI, cit., pp. 266 e sgg.

[9] Ibidem, p. 291

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