Il Vaticano e il coinvolgimento di preti e suore nell’olocausto di un milione di Serbi
(continua dall’articolo 2/3)
(…) In Germania, intanto, giungevano notizie preoccupanti dagli ufficiali osservatori tedeschi che descrivevano la Croazia come una terra di folli, in cui si era immersi nella pazzia più violenta. Le stesse SS erano preoccupate e spaventate da ciò che vedevano: crudeltà senza limiti, violenza senza alcun altro scopo che il divertimento dei soldati e dei religiosi che li accompagnavano, mutilazioni, estrazioni degli occhi, decapitazioni insieme a conversioni forzate. Himmler ricevette varie lettere preoccupate in cui le sue SS, addestrate cinicamente alla deprivazione della coscienza, faticavano ad accettare ciò che vedevano.
Gli orrori e le responsabilità della Chiesa in Croazia
Nel paese sorsero molti campi di concentramento di cui il più famoso e organizzato fu quello di Jasenovac, che aprì i battenti nell’agosto del 1941 con a capo il suo primo comandante, Maks Luburic, il cui sadismo era superiore perfino ai peggiori campi di sterminio nazisti: difficilmente si possono trovare nella storia dell’umanità esempi di crudeltà simili, che vanno ben oltre la cattiveria per sfondare la porta della follia e della pazzia omicida.
Mentre ciò accadeva, dalle pagine delle riviste cattoliche croate l’arcivescovo Alojzije Viktor Stepinac giustificava con articoli e spiegazioni dettagliate la necessità dell’eliminazione fisica dei Serbi per la sopravvivenza della nazione croata. L’arcivescovo Šarićh rincarava la dose con parole di lode a Hitler, a Pavelić e spiegando la necessità morale dell’eliminazione religiosa ed eugenetica.
Nelle chiese i preti e i sacerdoti incitavano alla violenza contro i Serbi in un delirio senza controllo, Manhattan[1] riporta vari esempi tra cui quello di Padre Mogus che “(…) spiegò in un altro sermone: noi cattolici abbiamo lavorato per il Cattolicesimo con la croce e il libro della messa. Tuttavia è giunto il giorno in cui dobbiamo lavorare con la pistola e la mitragliatrice!”
Ancora, Padre Srećko Perić del monastero di Gorica confermò a un soldato ustasha, la cui missione era di compiere l’ennesimo massacro, la benedizione di Dio con queste parole: ”Uccidete tutti i Serbi. E quando avete finito tornate qui e io vi confesserò liberandovi dal peccato.”[2] Il prete stava confermava così che essi stavano lottando come braccio armato di Dio in una Santa Crociata, esattamente come Hitler che faceva combattere il suo esercito con l’effige “Gott Mit Unst” (Dio è con noi) incisa sulla fibbia della cintura. Più volte nel Mein Kampf Hitler parlò di santa crociata contro le razze inferiori, a ben vedere la medesima visione della Chiesa croata.
In molti casi furono i religiosi a comandare le azioni di sterminio: le campagne videro così orde di frati francescani e preti in armi compiere atrocità di ogni genere torturando, mutilando e uccidendo famiglie intere. I dati che ci provengono dai processi postbellici per crimini di guerra, confermano moltissimi nomi, tra cui il prete gesuita Dragutin Kamber, che diresse numerosi raid e comandò l’assassinio di 300 Serbi a Doboj.
Padre Peric del monastero di Gorica era tra gli Ustasha che massacrarono 5600 Serbi a Livno, l’abate del monastero di Guntic, Padre German Castimir, diresse personalmente il massacro di Glina e così via, per innumerevoli casi.[3]
Pio XII: che cosa sapeva realmente di ciò che accadeva in Croazia?
Forse la domanda più importante da porsi è: che cosa sapeva Pio XII a Roma? Certamente tutto, poiché come sappiamo, il Servizio Segreto vaticano è sempre stato tra i migliori del mondo, anche perché ogni religioso è in effetti un agente e un informatore potenziale.
Bulajic riporta che Stepinac informò Pio XII con una lettera dell’8 maggio 1944[4] che 244 mila Serbi ortodossi erano stati convertiti. Ma dall’esame dell’archivio degli Atti e Documenti della Santa Sede relativi alla Seconda Guerra Mondiale la lettera non risulta. Vi è tuttavia una interessante comunicazione[5] dell’arcivescovo di Zagabria Stepinac al Cardinal Maglione (24 maggio 1943), in cui riferisce di aver saputo dal legato Marcone di alcune accuse giunte all’orecchio della Santa Sede sull’operato della Chiesa Cattolica in sostegno del Governo croato e nel sostegno delle sofferenze ai Serbi. Ne riportiamo brevi stralci: ”Mi sento obbligato di avvertire l’Eminenza Vostra che il materiale inviato dalla propaganda serba alla S. Sede non serve che per far cadere negli occhi della S. Sede il prestigio del Regime attuale in Croazia. Nonostante tutta la propaganda nemica contro la Chiesa in Croazia resta il fatto storico che la Chiesa cattolica in Croazia ha sempre fattosentire la sua voce (…) Per aver un’idea esatta dei fatti bisogna sapere che le crudeltà, delle quali si lamentano i Serbi, si sono avverate nel periodo della rivoluzione nazionale, quando il tempo ha portato con sé degli individui irresponsabili, i quali hanno commesso dei delitti a nome del Governo ma di fatti senza il sapere delle autorità dello Stato, o anche spesso contro i decreti del Governo. (…) Dall’altra parte però devo esprimere di nuovo la mia persuasione che la Chiesa cattolica avrebbe da subire un periodo di martirio crudele nel caso, se la Croazia dovesse un sol giorno essere soggiogata di nuovo dalla Serbia. (…) Eminenza! Se la reazione da parte dei Croati è stata talvolta crudele, noi lo deploriamo e condanniamo. Ma è fuor di ogni dubbio che questa reazione è stata provocata dai Serbi, i quali hanno violato tuttidiritti del popolo croato nei 20 anni della vita comune in Juguslavia.”
Stepinac reagisce a documenti inviati alla Santa Sede che evidentemente denunciavano le violenze della Chiesa nel paese, per cui possiamo dire che Pio XII era a conoscenza di ciò e ne chiese ragione al Cardinale in Croazia. Tuttavia Stepinac mente vistosamente negando le violenze della Chiesa Cattolica in Croazia contro i Serbi e addirittura dice nell’ultima parte che le violenze sono state compiute dagli accusatori Serbi non da cattolici. E per tranquillizzare il Papa, gli dice quello che vuole sentire, e cioè come mantenere il potere cattolico nell’area: Stepinac afferma che se i Serbi dovessero sopraffare i Croati, la Chiesa ne subirebbe un vero martirio. Naturalmente questo è solo quello che è stato messo a disposizione degli studiosi dalla Santa Sede.
Pio XII dà allora di nuovo prova del suo comportamento diplomatico astuto e accomodante: nonostante le accuse, a Stepinac non verrà fatto nemmeno un richiamo formale, anzi, sarà beatificato nel 1998 da Papa Giovanni Paolo II. Le prove emerse negli ultimi anni danno invece ragione ai Serbi: Pio XII aveva tutte le informazioni sulla situazione, aveva decine di migliaia di preti, frati, suore in Croazia, aveva il legato Marcone come osservatore, ma negli Actes non vi è nulla di tutto questo, se non un’altra comunicazione del 10 maggio 1943 in cui Marcone scrive a Maglione di una visita compiuta da lui e Stepinac al Ministro degli Interni per cercare di bloccare l’ultimo esodo di Ebrei in Germania voluto da Himmler, in quel periodo in visita a Zagabria.[6] Inutile dire che riguardo agli Ebrei non si ottenne nulla.
Le perplessità del Vaticano
In precedenza (2 aprile 1943) si era già manifestata una certa perplessità da parte del Vaticano nei confronti della Chiesa in Croazia, con richiesta del Cardinal Maglione al legato Marcone di chiarimenti[7] riguardanti il comportamento dell’episcopato in Croazia, accusato da più parti di essere connivente dei Croati nelle violenze contro i Serbi, per cui è corretto affermare che Pio XII sapeva che la Chiesa in Croazia si stava macchiando di crimini insieme al Governo contro le minoranze etniche e religiose. Ma sapeva ogni cosa? Può darsi non fosse informato di tutto, cosa a questo punto davvero improbabile conoscendo la personalità precisa e puntigliosa di Pacelli, comunque certamente avrebbe conosciuto la verità che venne fuori subito dopo la fine della guerra, quando furono portate moltissime testimonianze di sopravvissuti che avevano visto con i loro occhi preti e frati prendere parte alle violenze. Eppure di queste informazioni nemmeno l’ombra negli Actes. Ciò è davvero strano perché membri di rango del clero sedevano nel Governo croato, anche se come affermano alcuni studiosi, solo come osservatori; molti erano comandanti di squadre di Ustasha, religiosi comandavano campi di sterminio, come Padre Stepan Lukic, aiutante di campo del campo di concentramento di Zepce, come il sacerdote Ante Djuric, comandante dei campi di sterminio nell’area di Drvar, o come Padre Dragan Petranovic che comandava il campo di Ogulin.
Il vescovo Stepinac beatificato?
In definitiva, come inquadrare l’operato della Chiesa Cattolica sotto il regime nazifascista di Pavelić? Giovanni Paolo II proclamò santo il cardinale Stepinac, e allo stesso tempo fu il primo pontefice a chiedere perdono a Dio e all’umanità intera per i crimini che “figli e figlie” della Chiesa avevano commesso. Le prove che abbiamo presentato in questi tre articoli sono reali e accertate, i vari processi postbellici per crimini di guerra in Croazia hanno dimostrato con testimonianze oculari la follia sadica omicida che in molti casi era guidata da comandanti che erano preti e frati ed è acclarato anche che alcuni di essi diressero campi di sterminio.
Le cifre parlano di almeno 750 mila mila serbi uccisi nei campi di concentramento o massacrati nelle loro abitazioni, ma si pensa che siano cifre approssimate per difetto e non pochi autori stimano che il numero sia più vicino a un milione di persone tra uomini, donne e bambini.
Pio XII non condannò mai l’invasione della Yugoslavia, e nemmeno il bombardamento di Belgrado da parte di Hitler in cui morirono almeno 30 mila persone, nonostante la capitale godesse dello status di “città aperta” e quindi non bombardabile. Pio XII incontrò in più di una occasione Pavelić e lo salutò abbracciandolo pubblicamente, riconobbe addirittura il Regno ustasha di Croazia stabilendo ottimi rapporti con il suo capo, internazionalmente conosciuto come un assassino e un terrorista colpevole di violenze di ogni tipo.
Pacelli lo rivide nel 1943 quando era ormai chiaro a tutti cosa succedeva in Croazia, cosa di cui negli Actes non vi è notizia mentre i giornali italiani ed esteri dell’epoca riportavano chiaramente le violenze e le uccisioni. Tutto ciò getta una luce davvero oscura sulla documentazione messa a disposizione degli studiosi dalla Santa Sede; come minimo è incompleta, ma a questo punto sembra probabile un occultamento volontario di documenti scomodi.
La fuga dei criminali di guerra e il Vaticano
Infine, Pavelić riuscì a fuggire alla fine del conflitto in Argentina con l’aiuto del Vaticano; negli anni ’40 sia il legato Marcone, che Stepinac e le alte cariche del Vaticano visitarono vari campi di concentramento e furono pregati a lungo e intensamente dagli Ebrei croati di aiutarli a fuggire, ma neppure uno di essi riuscì ad andarsene dal paese per interessamento del Papa o dei suoi rappresentanti. Al contrario della sorte avversa di questi sfortunati, si parla di decine di migliaia di SS colpevoli di crimini di guerra e quindi perseguiti dalla giustizia che fuggirono e si salvarono in Sud America, Medio Oriente e Spagna grazie al passaporto della Santa Sede o a quello della Croce Rossa procurato dal Vaticano. Di Ebrei dalla Croazia non ne fuggirono. E furono lasciati morire nei campi di sterminio.
Tutto ciò fa pensare ad accordi segreti, di cui non si ha notizia in documenti ufficiali, che Il Vaticano deve aver siglato con questi regimi, che costrinse la Santa Sede a far fuggire i criminali di guerra, con il beneplacito dei Servizi di Sicurezza alleati che conoscevano molto bene cosa stava accadendo sotto i loro occhi. Ma non dissero nulla, anche perché gli USA e la Russia stavano facendo la stessa cosa, portando gli ambiti scienziati tedeschi nei loro paesi, dando loro una nuova identità, insieme a uno status privilegiato e a uno stipendio e una vita agiati. Wernher von Braun fu uno dei pochi a non cambiare identità, ma visto il suo apporto determinante nella corsa alla Luna, nessuno si chiese come mai una SS fosse stata portata in territorio americano.
Purtroppo, quando si tratta di interesse nazionale, ogni morale viene accantonata.
I GIORNI PERDUTI (The Rune Trilogy) fa luce su queste vicende intricate
E’ anche importante ricordare che le cosiddette ratlines, o vie del topo, le vie attraverso le quali i nazisti poterono fuggire in paesi compiacenti, furono organizzate con la complicità del Vaticano: il libro I GIORNI PERDUTI, il primo romanzo sul NUOVO ORDINE MONDIALE, per i tipi di Akadia Editore, illumina nei particolari l’intera vicenda e fa luce su molti altri misteri, soprattutto moderni, relativi al NWO (New World Order). L’autore è lo stesso di questi articoli, il testo fa parte della trilogia THE RUNE TRILOGY.
Nel marzo del 2000, sopravvissuti Serbi ed Ebrei e figli di ex internati nei campi croati, inoltrarono una causa internazionale alla San Francisco Federal Court, in California, pretendendo un pagamento di danni da parte del Vaticano e dall’Ordine Francescano. I processi da allora si sono moltiplicati e sono ancora in corso. Nonostante i cavilli a cui gli avvocati che rappresentano il Vaticano si appigliano di volta in volta bloccando l indagini o rallentandone, si spera che i discendenti dei sopravvissuti all’Olocausto serbo ottengano giustizia e i risarcimenti cui anelano.
Pierluigi Tombetti
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[1] A. MANHATTAN, cit., A. MANHATTAN, The Vatican Holocaust, Springfield, Missouri, Ozark Books, 1982, pp. 61-67. Il testo, molto interessante e storicamente eccezionalmente accurato, è disponibile libero da diritti d’autore all’indirizzo web: http://www.reformation.org/holocaus.html#Contents pp. 61-67
[2] Ibidem, p. 68
[3] Ibidem, p. 102
[4] M. BULAJIC, The Role of the Vatican in the Break-Up of the Yugoslav State, Beograd, Struchna kniga, 1994, p. 99. Di questa lettera non ho trovato testimonianza nell’archivio vaticano online (Actes et Documents du Saint Siège Relatifs à la Seconde Guerre Mondiale). Alcuni studiosi hanno sospettato che in occasione di eventi accertati ma scomodi per la Chiesa, a volte alcune comunicazioni siano state eliminate dalla documentazione messa a disposizione degli studiosi)
[5] P. BLET, A. MARTINI, B. SCHNEIDER, Actes et Documents du Saint Siège Relatifs à la Seconde Guerre Mondiale – Gennaio-dicembre 1943, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1970, pp. 221 – 229
[6] Ibidem, p. 287
[7] Ibidem, p. 218